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“Non possiamo più pensare a uno sviluppo che cade dal cielo.

Dobbiamo impegnarci in prima persona per trovare nuove opportunità di crescita”.

Così Pasquale Murgante, sindaco del comune di Accadia, piccolo centro di 2.500

abitanti dell’Appennino Dauno in provincia di Foggia. In questa provincia, e in

particolare nell’area sub-appenninica, si concentra circa il 20% delle installazioni

eoliche italiane. Un paesaggio segnato da quest’industria, esplosa in un’area a

forte vocazione agricola. Area che vuole oggiriscattarsi dai compromessi

imposti al suo paesaggio, traendo da questa

fonte tutte le opportunità che è in grado di offrirle.

Il comune di Accadia,pertanto, ha stretto un accordo

con l’Università dell’Idrogeno di Monopoli (BA), presieduta dal

prof. Nicola Conenna. Obiettivo, la realizzazione del più importante

centro italiano di produzione d’idrogeno da energia rinnovabile.

“Il sito messo a disposizione dal comune – rileva il sindaco –

interessa i locali dell’ex carcere comunale.

Immobile inutilizzato da tempo, posto a due passi dagli elettrodotti

che accolgono l’energia prodotta dai parchi eolici di Accadia e

Sant’Agata di Puglia. Immobile che sorge, tra l’altro, nei pressi della

sottostazione elettrica di Terna presente ai margini del paese”.

Sant’Agata di Puglia, lo ricordiamo, conta una potenza installata

di eolico pari 67,3 MW e figura al 14° posto della classifica dei

comuni italiani virtuosi per l’eolico del Rapporto “Comuni Rinnovabili 2011”

di Legambiente. Mentre Accadia presentava al 2010 un installato di 15,9 MW.

“La vera carta vincente del progetto - sottolinea sempre il sindaco -

è la possibilità di utilizzare l’energia elettrica derivante dalla

mancata produzione di eolico decisa da Terna per garantire la sicurezza

del sistema elettrico”. Un vero e proprio giacimento di rinnovabili

non gestito dalla rete, il cui valore totale in Italia è stimato

dalla stessa Terna in 467 GWh nel 2010, di cui circa 280 GWh

concernenti la sola provincia di Foggia. Il prossimo 18 novembre

Accadia accoglierà il convegno di presentazione ufficiale del progetto.

Presenti tutti partner sarà illustrata l’iniziativa per poter poi dar corso

alle prime attività sperimentali, la cui durata prevista è di almeno sei mesi.

Il comune di Accadia sarà tra i co-finanziatori del progetto che prevede comunque

la partecipazione di alcune aziende private. “L'idrogeno è il vettore del futuro

e garantisce l'accumulo delle energie rinnovabili”si legge sul sito

dell’Università dell’Idrogeno di Monopoli (BA) e ne è fermamente

convinto il Prof. Conenna capo dell’istituto

e promotore dell’iniziativa. “Bisogna restituire al territorio l’energia

che produce” afferma. “Questi paesi dell’Appennino Dauno sono attorniati di

pale eoliche, tuttavia, l’energia che utilizzano è prodotta da centrali

termoelettriche lontane centinaia di chilometri”. Conenna rileva come

l’accumulo di energia sia diventato un problema strategico e inevitabile

nella diffusione delle rinnovabili. “E’ chiaro che c’è stata una mancata

programmazionenella realizzazione dell’eolico,poiché la rete non è capace

di supportare tutta la produzione. Tuttavia la cattiva programmazione

ha solo anticipato il problema dell’accumulo, poiché a causa della produzione

discontinua sia per l’eolico sia per il fotovoltaico tale problema

si pone in generale.Pertanto oggi, ma in futuro ancor più,con gli obiettivi

del Pacchetto 20-20-20 la necessità di accumulare l’energia prodotta

da attuale diventerà strategico”. In merito all’economicità del progetto

Conenna ritiene che, come sempre, sia un problema di economia di scala.

“Mai l’introduzione di una nuova tecnologia – dice -parte con una buona

economicità. Pertanto abbiamo in mente un investimento iniziale di circa

un milione e mezzo di euro. Utilizzando l’energia elettrica che la rete non è in

grado di assorbire produrremo l’idrogeno con degli elettrolizzatori.

Elettrolizzatori che, in quanto macchine modulari, ci permetteranno di ampliare

in futuro il progetto in base alla disponibilità di fondi”.

“La produzione realizzata – aggiunge - essendo lo schema dell’idrogeno

quello della generazione distribuita, sarà utilizzata come combustibile

per l’autotrazione. Ben sapendo che per il trasporto il punto debole dell’idrogeno

sta nella grossa capacità richiesta ai serbatoi, si è pensato di puntare da subito

sul solo trasporto pubblico. Sia perché gli autobus hanno spazi più ampi

da destinare al combustibile, sia perché l’attività di rifornimento è per questi mezzi,

che compiono sempre percorsi prestabiliti, facilmente programmabile”.

L’idrogeno prodotto, pertanto, servirà ad alimentare i mezzi pubblici di Taranto e

Napoli; due delle città italiane a più alto tasso d’inquinamento sulle quali si è deciso

di puntare proprio perché emblema di grandi problemi ambientali.

“Il carattere simbolico di questa scelta – conclude – siamo certi varrà per questi

centri anche a titolo di risarcimento per le tante ferite ambientali inflitte nel tempo”.

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